About the Book
Da molti si è detto, fin dall'antichità, che l'uomo è quale la terra lo produce. I moderni hanno insistito in particolar modo intorno a cosiffatta sentenza, e si sono anche ingegnati di darne la ragione scientifica. La qualità delle rocce nelle varie contrade, si è detto, i vari rilievi ed avvallamenti dei terreni, la direzione e la forza dei venti, le piogge, i laghi ed i fiumi, il corso delle stagioni, la calda e fredda temperie, tutto quanto infine costituisce la ragione del clima, opera sull'uomo e sullo svolgimento fisico di esso, sulla sua complessione, ne modifica la forza, la longevità, la condizione sociale, morale ed intellettuale. I filosofi che si dedicarono a simili studi consentono nel dire che le contrade uniformi per grande eguaglianza di terreni, piani sterminati arenosi, e nudi monticelli, e coste marittime senza seni e senza sporgenze, senza accidenti di linee e di frastagli, sono quelle dove meno acquista e migliora l'umana razza. Invero, se la varietà e la bellezza della terra operano in bene sull'uomo, gli Italiani dovrebbero essere i primi uomini del mondo. Sono veramente gli Italiani i primi uomini del mondo? Se domandate a parecchi, vi risponderanno senza esitare di sì. E conforteranno l'affermazione con le gesta gloriose dei padri. Non pochi Italiani, purtroppo, ieri ancora si mostravano, e taluni, per fortuna pochissimi, anche oggi si mostrano troppo paghi di queste glorie. Per fortuna, giova ripetere, oggi questi Italiani sono pochissimi, ed i più sanno che ben altro devono pensare, ben altro volere, ben altro operare. La storia, che in avvenire racconterà le imprese degli Italiani di oggi, porrà nella bella luce che merita questo mirabile fatto, che essi, i quali parevan morti e cancellati dal novero delle nazioni, come in buona fede pensavano gli stranieri, vollero essere nuovamente figli di una nazione, vollero con costanza, vollero con perseveranza, vollero da un capo all'altro della penisola, tutti, concordemente, animosamente, fortemente, tenacissimamente. È una storia di ieri, e pare già di qualche secolo. Gli Italiani diedero a vedere che avevano la prima, la più necessaria di tutte le virtù, quella senza cui tutte le altre non valgono a nulla, quella che più d'ogni altra vuol essere istillata nell'animo dei giovani, coltivata dagli adulti e dai vecchi, compagna e sostegno di tutte le età, la virtù del Volere. Il motto non falla - Volere è potere. È un gran medico chi conosce il suo male (dice il proverbio), e il pericolo coraggiosamente affrontato è pericolo per metà vinto. Io ho compiuto il mio lavoro: ho cominciato con la vita di un principe di Sicilia e finisco con un nero d'Africa: due uomini degni di stare vicini, perchè la virtù sopprime le distanze e adegua ogni disuguaglianza. Moltissimi esempi ho dovuto lasciare in disparte, perchè per buona ventura gli uomini dal forte volere non sono tanto rari fra noi. Cerchiamo d'imitarli. In tutte le età giova educarsi a volere tenacemente, e se ne può trarre giovamento anche all'ultima ora della vita. Ma imparino soprattutto i giovani, imparino a volere; imparino a disprezzare le mollezze, le cose frivole, le vanità; imparino a volgere sdegnosamente le spalle ai loro adulatori, più schifosi e vili degli adulatori dei Re. I vanti non bastano; bisogna anzi smettere i vanti, che sono indizio di debolezza anziché di forza. Giovani, i vostri padri hanno fatto degnamente il loro dovere; fate voi il vostro; ricordatevi che Volere è Potere.