La raccolta più cospicua della collana, Poesie dell'aia. anche perché ha una durata molto più lunga delle altre ed abbraccia un periodo che va dal 1976 al 1990. Lo scrittore comincia veramente ad amare la poesia, sia perché sta svolgendo dei poemi importanti che gli danno delle grandi soddisfazioni, ma anche perché lo scrivere lo isola e lo porta a trascorrere lunghi periodi nel paese natale, lontano dai pericoli della capitale, molti compaesani restano vittime dell'eroina e del dilagare dell'HIV. La larga ondata della prostituzione africana oramai ha reso le borgate, che era solito abitare, in ricettacoli sociali peggiori al mondo. Quel mondo non è più la Pietralata di Pasolini e non è neanche la favelas argentina, ma un brodo sociale dove i popoli rudi dell'Abruzzo, della Calabria e della Basilicata si trovano ad essere assuefatti dalla povertà albanese, rumena, russa ed anche africana. Non essendoci un argine di diversità tra i poveri, c'è un rimescolamento improvviso che non appone un distinguo tra il senza tetto che vive alla Stazione Termini e il popolano della casa popolare di San Basilio. Allora la cultura italica subisce uno sradicamento e i più emancipati vanno in contro a un destino di morte sociale. Il giovane scrittore è salvo perché la poesia lo porta ad essere altro e taglia definitivamente i ponti con il suo popolo e si da all'eremitaggio. In inverno vive solo nel paese disabitato e in estate al ritorno della gente ritorna in città. La poesia che ne emerge è un ponte alla vita, necessaria per venire fuori dalla debolezza del sistema, ma grande è la commiserazione per quelle vite spezzate e mai più riviste. Questa poesia amata è la poesia che ama i posti dove l'uomo rinasce ed allora essa diventa importante al pari della madre. Una poesia nuova che fa bene scrivere da soli in contemplazione, ma che soprattutto fa bene leggere quando certe convinzioni scemano o allorquando la cronaca è notizia nefasta. Il poeta è veramente salvo, quando apprezza la vita grama che gli riserba il futuro, ma non cede alle tentazioni di un ritorno in dietro o un qualsiasi compromesso con la politica della raccomandazione o a un qualsiasi tentativo di autoaffermazione che non sia dentro la poesia e con la poesia. Da questo momento, la scienza e la tecnica che pure gli davano opportunità di lavoro diventano arnesi, ma non abbagliano più lo spirito dell'uomo come da liceale. La poesia delle piccole cose e della grande spiritualità prevale e l'affidarsi alla sorte preclude molte cose a cominciare dall'amore che scompare per molti anni a venire. Ai grandi sogni dell'eternità delle cose si sovrappongono i lutti degli uomini che li avevano posseduti e dallo stordimento non si capisce chi ha più valore, se la vita scomparsa o l'immoto paesaggio. E' una fase Leopardiana, che la domanda a che è servito il dolore non trova risposta. Ma è anche una fase estensiva dall'uomo al materiale e dal materiale a Dio, come avverrà nell'altro libro, Isole di guerra, della stessa collana, ma scritto nel 1991. Ma le poesie più belle sono in questa raccolta, poiché il poeta è felice di quello che ha e ciò che manca, lui lo osserva guardando dall'alto il mondo. Questa è la poesia della contemplazione. Le giornate sono scandite in momenti di osservazione e il momento magico della sera trasforma il sentimento in costrutti essenziali di parole, in cui l'essenza diventa esistenza. L'oggetto dell'osservazione, ossia la struttura diventa allora funzionalità. Essa è causa del sentimento che a volte porta a smarrire l'uomo nella grandezza del creato, ma spesso porta a dire Cogito Ergo Sum. La luce assume forme reali di materia, i colori manifestazioni di sentimento e l'assenza, il vuoto e la solitudine, strutture parlanti, che parlano più forte del dramma sociale vissuto altrove, dal basso fondo morale da cui il poeta è fuggito. Non sono piccole cose le descrizioni di un mondo agreste, ma esse sono il tappo sicuro per racchiudere