Nonostante stia scrivendo queste righe - che per posizione e destino rappresentano l'introduzione alle pagine che se vorrete andrete a leggere - al termine della stesura del testo, mi risulta tremendamente difficile definire con esattezza cosa rappresenti questo mio lavoro. Credo che questa difficoltà sia dovuta prevalentemente alla mia naturale ritrosia a catalogare le cose all'interno di realtà precostituite e al fatto che queste pagine non abbiano mai rappresentato un obiettivo a priori nel mio agire quotidiano. Non mi è mai interessato osservare per poter poi scrivere, ho scritto solo per non dimenticare. Nel compiere questa banale operazione mi sono sentito proiettato nel passato, da piccolo, quando adoravo incollare fotografie sull'album dei ricordi, non tanto in base al continuum cronologico che rappresentavano, quanto invece dando loro un ordine emotivo ed esperienziale. Nel cimentarmi in questa operazione di scrittura, mi sono reso conto che trasporre il vissuto personale in parole leggibili imprigiona, da un lato il senso autentico dell'esperienza all'interno di sterili gocce di vetro, dall'altro mi ha permesso di riflettere con maggiore distacco su tutto ciò che nel suo fluido fluire, travolge, colpisce e percuote, senza lasciare evidenti segni sulla pelle, ma ferite sanguinanti nel profondo dell'anima.Per quanto appena detto, desidero ardentemente che queste mie righe si distanzino il più possibile da un concetto che fatico anche solo a pronunciare: quello di "manuale", inteso come distaccato strumento nozionistico. Lascio più che volentieri questo immane fardello ai professoroni che amano catalogare e spiegare, tramite loro matematiche certezze, realtà di cui non hanno mai fatto diretta esperienza; personalmente prediligo molto di più sporcarmi le mani di Vita. Allo stesso modo, questo mio scritto non vuole essere né un saggio che tratta di tecniche pedagogiche, psicologiche o educative, né tantomeno qualcosa che voglia disvelare gli arcani di una realtà così tanto complessa e delicata come la dipendenza da gioco d'azzardo - altrimenti chiamata ludopatia - che purtroppo, oggi più di ieri, rappresenta un triste e greve peso sulle spalle di questa già stanca e logora società contemporanea.Il mio unico obiettivo, fin dall'inizio, è stato quello di rendermi disponibile all'ascolto dell'altro; non un atteggiamento terapeutico, etico o morale, ma il semplice desiderio di lasciarmi trasportare dalle poliedriche possibilità che le persone incontrate in un luogo forse particolare, come la sala scommesse di cui vi racconterò, ha sorprendentemente saputo regalarmi.Questa sala scommesse è una tra le tante, troppe dal mio personale punto di vista, che ricoprono il nostro territorio nazionale; è un luogo aperto a tutti, rigorosamente maggiorenni, che possono transitarvi per una consumazione al bar, fare due chiacchiere, o passarci intere giornate a giocare, giocare e poi ancora giocare.