About the Book
Non è mai facile fornire una chiave di lettura a un'opera prima, tanto più che solitamente ci si trova davanti a uno stile di scrittura acerbo e a un autore che deve ancora comprendere come esprimere il proprio potenziale. Nondimeno, riportando in auge alcune massime del passato, molto spesso ciò che conta non è la meta, ma il viaggio, e questo lavoro del giovane autore è fondamentalmente un viaggio. Lungi dal trovare gli stilemi di autori celebri, o una qualche forma di ispirazione letteraria specifica, il lavoro di Matteo presenta le caratteristiche del "pane al pane, vino al vino", con un uso umile ed efficace della parola. Lo scopo, evidentemente, non è quello di ostentare cultura letteraria o un lessico forbito, quanto rendere l'uomo comune parte di un tutto, di una sineddoche che è la vita dell'autore. Normalmente è facile cadere nell'autobiografico senza fornire nulla di significativo, se non un noioso quadro della propria vita. La scelta di Matteo è stata probabilmente più saggia, in quanto ha preferito focalizzare lo sviluppo dell'opera in un arco temporale assai limitato, eppure estremamente significativo. Ci rendiamo conto dunque, per parafrasare il grande Ed Harris in "Pain and Gain", che la vita di un uomo tende ad essere piuttosto lineare fino a un certo momento della sua storia. Da quel momento chiave in poi, nulla sarà più uguale. Ecco, più che descrivere la linea retta, Matteo preferisce descrivere la sbandata, questo drift incredibile che avviene nella vita di una persona, quel momento superato il quale, nulla sarà più identico. Lontano dal professare moralismi e dall'esaltare il proprio ego, Matteo tributa grandezza alle figure umane che gli gravitano intorno, quelle grandi nel male e quelle altrettanto grandi nel bene, che gli hanno dato la forza di rialzarsi. Precipua è la figura del padre, questo grande uomo che cammina al fianco di Matteo, che respira con lui, soffre con lui, si rialza con lui. Matteo assurge a faro di speranza per chi, come lui, ha dovuto affrontare una sfida sfibrante e teme di uscirne distrutto. Il potere descritto nel libro è proprio questo, la capacità di prendere le distanze, anche dolorosamente, dalla massa informe e, finalmente, diventare uomini ed eroi della propria storia. La classica articolazione in capitoli mostra la volontà dell'autore di non rischiare, di seguire una struttura abbastanza lineare per non perdersi in discussioni farraginose e inutili. Quello che si percepisce è la volontà da parte di Matteo di essere utile, gettando un'ancora di salvezza a coloro che non vedono più l'orizzonte stagliarsi davanti ai propri occhi. Il mondo di Matteo non è fatto di semplice umanità, ma di uomini, di persone, tutte egualmente importanti nel percorso. È un lavoro che andrebbe letto almeno due volte, ad altrettanti livelli. Al primo livello, si tratta di una vertiginosa discesa negli inferi, che porta alla demolizione del primo Matteo. Questo livello è permeato di dolore, di angoscia, all'insegna dell'AutAut di Soren Kierkegaard. Essere un ipocrita e vivere una vita comoda ma infelice per assecondare una società informe, oppure allontanarsi da tutti i canoni, penare, superare avversità, ma alla fine del percorso sentirsi sereni? Il secondo livello di lettura porta alla soluzione del conflitto, alla fine di ogni dolore, a quel sole che torna a scaldare la pelle di Matteo, dopo che era stata bruciata. Nel secondo livello Kierkegaard cede la palla a Friedrich Wilhelm Hegel e a Friedrich Nietzsche. Emerge questo Matteo 2.0 che come Alice si trova nella tana del bianconiglio, ma alla fine osa, esce dalla routine, dà valore a sé stesso, punta all'assoluto e allo spirito, come un moderno Zarathustra. Per godere appieno del secondo livello, della joie de vivre, è necessario che il lettore si cali nel primo, che ingoi il dolore di Matteo, per comprendere quanto è dura, ma anche quanto è potenzialmente nelle corde di ogni uom