Excerpt from Novella della Figlia del Re di Dacia: Testo Inedito del Buon Secolo della Lingua

Noi non abbiamo più eroi, e piu non crediamo ai profeti, e ci riesce difficile immedesimarci col concetto d'un impero universale e d'una religione che abbracci tutta l'umanità. Noi siamo tutti divenuti più o meno individuali: la vecchia unità medievale s'è frantumata, e l'uomo s'è arricchito delle opime spoglie di quella. Ciò che prima non aveva altra ragion d'essere che per le moltitudini, era esiste per ciascuno di noi; abbia mo ognun di noi, un concetto proprio della religione, delle cose umane e divine, delle ottime forme del civil vivere, e via discorrendo: ove prima non vi era che un concetto unico ed eguale per tutti. Noi siamo talmente avvezzi a vedere in ogni operato gli sforzi del genio individuale, che il nostro giudizio sul fare complesso della civiltà medievale ne rimane indeterminato e con fuso. Ciò si riscontra specialmente nel giudicare la produttività letteraria di cotesto tempo: chè appunto in quella spicca più forte la differenza tra l'età vecchia e la nuova. Difatti, la letteratura del medio evo è som mamente anonima, forse perchè non v'era ragione di appropriare l'opera ad un nome piuttosto che ad un altro, e che tutti vi collaboravano di comune accordo. A non dire dei poemi ciclici che cantavano le gesta degli antichi eroi, tal cronica latina bene poteva essere scritta da questo o da quell'altro, senza che vi sia sostan zial differenza tra l'una e l'altra delle due supposi zioni. Tale leggenda di santo eremita e martire bene poteva esser distesa da un monaco nel suo recesso o da un laico vòlto alle opere di pietà, rimanendo sempre la stessa in ambedue i casi, perchè quei semplici uo mini del medio evo non facevano che riprodurre sotto varie guise i concetti morali ed estetici già stabiliti.

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