About the Book
MISTERI E MEMORIA, UN BINOMIO SEMPRE INTRIGANTE Un esordio letterario, soprattutto se in età matura, non è mai semplice.
Ancor più difficile, visto l'enorme spazio che al giorno d'oggi occupano i social, è l'evitare di imbarcarsi nel periglioso ambito del 'come eravamo', quindi autobiografie, buoni sentimenti, ricordi familiari et similia.
Quasi impossibile, nell'eterno dilemma tra "l'io narrante" in prima persona o il "narratore onnisciente" in terza, risolvere tutto con l'alternare i due stili, senza però confondere il lettore.
Corrado Bartolomei, prossimo al terzo giro di boa degli 'anta', riesce con brillantezza a superare tutti e tre gli ostacoli proponendo un noir dal titolo IL MISTERO DI CHESA LARET. Un romanzo che parte lento, sembra procedere quasi svogliato come un corso d'acqua che si attarda tra mille anse - anche se l'ambientazione è in Svizzera, terra alquanto scoscesa - per poi, all'improvviso, prendere corpo con una decisa accelerazione di ritmo e sfociare in un esito che, seppur immaginabile, conquista il lettore esibendo anche qualche venatura thriller.
Il noir, nell'ambito della narrativa gialla, occupa uno spazio particolare, in quanto il protagonista è di norma 'uno di noi'; quindi, niente commissari, ispettori, capitani o marescialli tutti d'un pezzo, dilaniati tra l'obbedienza alle regole e l'estrosità intuitiva dell'investigatore di razza. Sotto questo aspetto questo genere letterario, soprattutto se scritto in prima persona, riesce perciò a suscitare un sogno anche al più smaliziato lettore, e cioè l'ergersi a interprete di una storia vissuta pericolosamente ma poi gloriosamente risolta.
Il lettore, di fatto, diviene egli stesso protagonista, palpita assieme al personaggio principale, si macera dei suoi stessi dubbi e partecipa alle sue certezze. Un'intimità, questa tra lettore e autore, che può risultare vincente.
Trattandosi di un noir, che vede peraltro una discreta quantità di vittime, il vero delitto sarebbe quello di anticipare troppo, rovinando così l'attesa di chi si appresta alla lettura. Eppure, benché solo accennata, qualche traccia va offerta.
Perno della storia, innanzitutto, è Martin Grey, giovanotto di belle speranze che si reca in Svizzera per documentarsi e scrivere un libro sul filosofo Friedrich Nietzsche.
Poi i luoghi. Come già detto, ci troviamo in terra elvetica, nazione di storiche tradizioni neutrali e all'apparenza tranquilla. Scavando un po' più a fondo, invece, si scopre una realtà ben diversa: uomini appartenenti a un'organizzazione neonazista che agiscono con estrema violenza, celati da un sottobosco di inganni.
Nella trama vi sono alcuni riferimenti reali - Villa Laret, che ospitò la famiglia di Anna Frank; la casa natale del filosofo Friedrich Nietzsche; la chiesa di San Carlo Borromeo a St Moritz - e altri invece immaginari, ove si svolgono gran parte delle vicende narrate. Una accurata miscela storica, insomma, che potremmo addirittura definire, se il Maestro non s'offende, di puro stampo manzioniano.
Non ci si soffermerà oltre, per non correre il rischio di svelare un eccessivo numero di dettagli. Ciò che importa è che il finale soddisfi la sete di giustizia insita in ciascuno di noi, oltre a regalare un doveroso ricordo alle migliaia di persone che ottanta anni fa hanno attraversato tragiche vicende.
Un passato che oggi, purtroppo, sembra ripresentarsi. L'autore al momento della stesura del romanzo non poteva immaginarlo, ma in questi tempi dolorosi richiamare alla memoria le sofferenze di un popolo è sempre opera meritoria. Roberto Robert