In un certo senso, per l'umanità, tutto può sembrare il prodotto di una mera casualità o, al contrario, di specifiche e caratteristiche causalità. Ciò dipende dal punto preciso in cui viene localizzato il primo evento della catena di processi che si intende osservare. Beninteso, questo punto preciso, come anche la forma dell'evento localizzato, sono particolarmente influenzati dall'approccio adottato per identificarli. Nonostante si possano considerare (e debbano considerarsi) come dei fatti veri e propri, quindi dei fenomeni sostanziali, restano comunque soggetti al bisogno implicito degli esseri umani di interpretare ciò che, in un modo o nell'altro, li riguarda.Date queste premesse, per diverse ragioni, che vedremo man mano, i pipistrelli sono sottoposti a un notevole stress da parecchi decenni. Senz'altro, ciò dipende dalle caratteristiche di ciò che, non proprio da oggi, viene chiamato Antropocene, termine con il quale si intende l'impatto delle attività umane sul globo terrestre. Ma se vogliamo essere più realistici e più coerenti, come per esempio lo è Silvio Valpreda, dovremmo parlare con maggiore esattezza di Capitalocene, in quanto non tutte le attività umane condizionano negativamente la vita della natura, ma innanzitutto e perlopiù quelle connesse ai mastodontici processi produttivi della grande industria, ovvero da ciò che da quasi un secolo e mezzo chiamiamo Capitalismo. Non ci piove dunque che, i disagi che vivono i pipistrelli, come altri animali, da parecchi decenni, sono dovuti maggiormente all'impatto della grande industria sugli ecosistemi dei quali essi fanno parte. Quando parliamo di grande industria, presupponiamo anche l'urbanizzazione, la vita quotidiana dei grandi centri metropolitani, lo sconvolgimento di aree dovuto alla produzione e allo smaltimento di rifiuti di ogni genere. Ma dovremmo parlare anche delle produzioni connesse al progresso scientifico, ovvero quelle attività mediante le quali gli esseri umani si prodigano per il miglioramento e la cura della società, i laboratori scientifici, le strutture medico-sanitarie, le stesse scuole e via discorrendo. In proporzioni più ridotte, i pipistrelli sono soggetti a stress per un'altra ragione non meno significativa: essi sono risultati la fonte primaria, ovvero i serbatoi principali di alcuni specifici virus (a fronte di almeno un paio di centinaia di quelli che sono capaci di accogliere), che certe volte si sono trasmessi ad altre specie animali, fino a quella umana, provocando epidemie, ripetutesi in diverse regioni del mondo, vicine e distanti fra loro nello spazio e nel tempo, con tassi di mortalità che hanno potuto aggirarsi tra il 40% e il 70%. Ciò almeno a partire dalle prime epidemie di Ebola. Talvolta queste epidemie possono aver riguardato solo altre specie animali selvatiche. Altre volte, hanno prima riguardato gli animali (selvatici e/o da allevamento) e poi gli esseri umani; ogni tanto sono state più cattive con i primi, in altre occasioni possono esserlo state più per i secondi ( i quali comunque, rispetto agli animali, hanno delle tecnologie senz'altro più avanzate). Il fatto che i pipistrelli, o meglio, determinate specie di pipistrelli, a seconda della zona epidemica in questione, siano state sovente indicate come le specie ospiti particolarmente originali, ha procurato loro altri fastidi, oltre a quelli sopraddetti, in quanto da questo momento non hanno potuto più sottrarsi alla ricerca scientifica, pressapoco come è avvenuto per i roditori.Evidentemente, fino a un paio di decenni fa, solo ristretti ambiti scientifici sapevano che i pipistrelli hanno una funzione particolare nei cicli di trasmissione di malattie infettive ritenute pericolose per gli altri animali e per gli esseri umani. Oggi, invece, il ruolo dei noti mammiferi alati della notte è pressoché diventato più chiaro per chiunque si occupi di malattie infettive [...] soprattutto in quei paesi dove i pipistrelli sono tutelati dal