About the Book
Il primo titolo era: Ipotesi dell'Etere nella vita dell'Universo, ma ora assumo il nuovo titolo: Lo spirito dell'Universo, la celebre espressiva definizione dell'Etere, suggerita dal genio immortale di Newton. Sull'esistenza dell'etere nell'Universo, sembrerebbe ormai che più non potessero sussistere dubbi, ma pure si direbbe che quanto più progrediscono gli studi, tanto meno sia chiarita la natura di tale fluido, quando anche taluno non metta addirittura in dubbio la sua stessa esistenza. Gli studiosi in generale, occupati a spiegare i fenomeni luminosi o elettromagnetici in rapporto a tale fluido, tendono a foggiarlo a proprio modo, dimentichi di tener conto della gravitazione, il fenomeno dominante nell'Universo e che può dirsi l'attributo principale, insito della materia. Da quando nacque la scienza, anzi appena l'uomo incominciò a pensare e ragionare, fu posto questo eterno problema: che cosa è il peso dei corpi? Da che dipende questa forza misteriosa per cui vengono attratti verso la Terra? Ebbene tale problema, cioè la causa della gravitazione, rimane ancora insoluto, ingombrante, molesto, come un incubo, e gli scienziati rifuggono, illudendosi che possa bastare spiegarne le leggi, le quali da sole offrono abbastanza campo per i calcoli e le formule. Con i soli fenomeni luminosi o magnetici, non si giungerà mai a comprendere l'etere e così resterà preclusa la soluzione della gravitazione. Si può infatti proclamare che etere e gravitazione sono due termini inscindibili, fondamentali; si potrà spiegare la gravitazione quando si comprenderà la natura dell'etere o viceversa, spiegando il meccanismo dell'attrazione, si giungerà a comprendere la vera natura dell'etere. Questa premessa segna l'unica via da seguire e infatti, definito e compreso il fluido etereo nell'unico modo, strettamente logico con cui può essere concepito, come elemento primario, indipendente da ogni forza o azione esterna, la spiegazione meccanica della gravitazione, che io proposi già nella prima edizione di questa lavoro, è per così dire una conseguenza. Senonché tale soluzione, pur avendo, come spiegazione meccanica, l'approvazione degli studiosi, urtava contro una grave obiezione, non potendo spiegarsi la mancanza di un fenomeno analogo all'aberrazione della luce, che dovrebbe verificarsi anche per l'attrazione, a meno che non si ammetta per la stessa, l'istantaneità della sua azione indipendentemente dalle distanze. È l'argomento che valse a combattere qualsiasi tentativo di ipotesi basate sul fluido etereo e che distolse gli studiosi ad occuparsi di un problema giudicato a priori insolubile, rispetto al quale si affacciano ancor oggi, pregiudizi e anche superstizioni in contrasto col pensiero moderno. Domina infatti il preconcetto che ogni azione che si propaga fra corpo e corpo negli spazi, col mezzo etereo, non possa superare la velocità della luce e in tal caso dovrebbe verificarsi anche per la gravitazione il fenomeno dell'aberrazione, ciò che altererebbe i rapporti delle distanze dei pianeti conforme alle leggi newtoniane, le quali non potrebbero sussistere. A ribattere tale obiezione, basterebbe ammettere, come appunto ammisi nella prima edizione, che la velocità dell'attrazione, sia molto maggiore della luce, per così dire infinita; ma ciò è superfluo poichè il meccanismo della gravitazione deve essere compreso in altro modo. La gravitazione infatti, come dimostreremo, non è un'azione che si propaghi per onde, come è il caso della luce. Fra due corpi che si attraggono, nello spazio interposto, non vi ha alcuna trasmissione di onde speciali proprie dell'attrazione, che non esistono, ma vi ha soltanto l'ordinaria vibrazione dell'etere, mentre ciò che dicesi attrazione e che non è che una spinta a tergo, ha la sua origine nel luogo stesso in cui trovasi il corpo attratto, e da ciò dipende l'istantaneità della sua azione. È un argomento di capitale importanza, che io credo affatto nuov