About the Book
Parecchie fra le poesie che si leggono nei Fiori del Male erano già scritte. Baudelaire, come tutti i poeti nati, ebbe fin da principio una forma propria e fu padrone del suo stile, che accentuò e rese più terso in seguito, ma nel medesimo senso. Baudelaire fu spesso accusato di essere studiosamente bizzarro, originale per posa e a qualunque costo, e sopratutto fu tacciato di manierismo. È questo un punto sul quale è bene soffermarci prima di andare più oltre. Vi hanno di quelli che sono naturalmente manierati. La semplicità sarebbe in essi una pura affettazione e come una specie di manierismo in senso opposto. Essi dovrebbero cercare a lungo e lavorar molto per essere semplici. Le circonvoluzioni del loro cervello si ripiegano in guisa che le idee vi si contorcono, s'intrecciano e prendono la forma di spirale invece di seguire la linea retta. I pensieri più complessi, più sottili, più intensi sono quelli che si affacciano ad essi per primi. Essi scorgono le cose sotto un angolo speciale, che ne modifica l'aspetto e la prospettiva. Di tutte le immagini, le più bizzarre, le più insolite, le più fantasticamente lontane dal soggetto trattato, sono quelle che più specialmente li colpiscono, e sanno unirle alla trama del loro pensiero con un filo misterioso, subito ritrovato. Lo spirito di Baudelaire era fatto così, e dove la critica ha voluto vedere il lavoro, lo sforzo, l'esagerazione e il parossismo del sistema, non v'era che il libero e spontaneo manifestarsi di una individualità. Quelle pagine di versi, di un sapore così squisitamente strano, chiusi in fiale così ben cesellate, non gli costarono più che ad un altro un luogo comune con una cattiva rima. Baudelaire, pure avendo per grandi maestri passati l'ammirazione che meritano storicamente, non credeva che si dovessero scegliere a modelli: ad essi era toccata la fortuna di giungere alla gioventù del mondo, all'alba, per così dire, dell'umanità, quando nulla ancora era stato espresso, ed ogni forma, ogni immagine, ogni sentimento aveva come un fascino di novità verginale. I grandi luoghi comuni che costituiscono il fondo del pensiero umano erano allora in tutto il loro fiore, e bastavano a persone semplici che parlavano ad un popolo bambino. Ma, a forza d'essere ripetuti, quei temi di poesia si erano logorati come le monete che circolano troppo e perdono la loro impronta; e d'altra parte la vita, fatta più complessa, più ricca di nozioni e d'idee, non era più rappresentata da quelle composizioni artificiali, fatte secondo lo spirito d'un altro tempo. Quanto attrae la vera innocenza, altrettanto v'irrita e vi disgusta la furberia che finge di non sapere. La qualità del XIX secolo non è precisamente l'ingenuità, ed esso ha bisogno, per esprimere il suo pensiero, i suoi sogni e i suoi postulati di un idioma un po' più complesso della lingua detta classica. La letteratura è come la giornata: essa ha il mattino, il meriggio, la sera e la notte. Senza discutere inutilmente per sapere se sia preferibile l'aurora al crepuscolo, bisogna dipingere nell'ora in cui ci si trova, con una tavolozza che abbia tutti i colori richiesti per rendere gli effetti di quell'ora. Il tramonto non ha forse le sue bellezze, come le ha il mattino? Quel rosso di rame, quell'oro verde, quelle tinte di turchesi che si fondono col zaffiro, che ardono e si scompongono nel grande incendio finale, quelle nubi dalle strane forme, mostruose, penetrate da getti di luce e che sembrano la catastrofe gigantesca di una Babele aerea, non offrono forse tanta poesia come l'aurora dalle dita di rosa, che certo non disprezziamo? È da tanto tempo che le Ore che precedono il carro del Giorno, nel soffitto di Guido, sono volate via! Il poeta dei Fiori del Male amava quello che si chiama impropriamente lo stile della decadenza, e che non è altro se non l'arte pervenuta a quel punto di estrema maturità cui volgono, prossime al tramonto, le civiltà che invecchiano.