In letteratura uno scritto dovrebbe soddisfare, per quanto possibile, i requisiti di manzoniana memoria quali la ricerca della verità, aldilà di finzioni ed evasioni, destare interesse come mezzo e renderlo utile come scopo.
Il testo è uno studio per tracciare, dopo averla definita e analizzata, attraversando esperienze e diverse scuole di pensiero la gioia nel suo valore universale, un'emozione piacevole che gli esseri umani possono provare per tutta la vita.
Una questione privata e pubblica, legata alla vulnerabilità dei sistemi che ci connettono alle istituzioni.
Come riconoscerla? Cos'è per noi questa emozione? Quando ricorre e a quali condizioni? Da cosa è ostacolata? Che importanza assume all'interno di ciò che ci serve per vivere bene, per poterci definire persone felici e non disperate? Cosa fare per consentirle di prevalere sul dolore quanto più possibile, coscienti che il suo permanere, la sua manutenzione, sia difficile?
È possibile indicare percorsi virtuosi per trovarla e, in caso affermativo, riuscire a non abbandonarla, visto che questo sentimento è percepito come positivo, un qualcosa che ci fa star bene?
Molti l'hanno ottenuta grazie a Dio, mentre altri non tramite Dio; molti hanno vissuto senza mai volerla cercare come la priorità della loro vita, probabilmente non conoscendone, loro malgrado, l'essenza.
Per provarla e poterla chiamare "giusta" è sufficiente condurre un'esistenza kantiana in armonia con noi stessi e gli altri, oppure dovremo elevare il nostro quotidiano, le nostre certezze a uno stile di vita diverso, come quello di un impegno costante per migliorare le condizioni di tutti, con particolare attenzione a coloro ai quali sia stato fin qui negato.
Impossibile, probabilmente, dare una risposta puntuale a questi quesiti.
Possiamo però distinguerla, nelle diverse manifestazioni in cui essa si presenti, lavorando su noi stessi, nella ricerca del nostro demone.
Rispettando la natura e, come appreso dalla civiltà greca utilizzandola senza usurarla, non oltrepassando i nostri limiti ricordandoci che siamo mortali, avremo raggiunto una buona base di partenza su cui procedere.
Dario Fò sosteneva che dovremo tuffarci dentro la vita in allegra libertà.
In questo tuffo la gioia dovrebbe essere per tutti; ma come raggiungerla, oggi, in un contesto di disastri umani, climatici, politici, migrazioni disperate, nel mezzo di una pandemia globale che ha prodotto infelicità e disuguaglianze, di cui siamo impotenti testimoni?
Uno dei temi principali cui è rivolta il mio scritto è dedicato all'esercizio di un'analisi sulle cause e sulle dinamiche socio culturali che ci fanno provare o, non provare questo sentimento, quali le discriminanti riconducibili alle condizioni per le quali l'individuo ne possa beneficiare, alle loro influenze e responsabilità sulla gioia di vivere o sulla fatica d'esistere, fili conduttori che ci hanno accompagnato per strada, percorsa con l'ausilio del pensiero filosofico nella storia.
Partendo dal pensiero degli antichi greci si arriva al nostro tempo con un excursus anche su quello delle religioni, sui loro dogmi, sulle loro differenze o affinità che hanno frenato, interrotto o represso, nell'esercizio delle loro funzioni, la giusta gioia pe l'uomo.