Cinque storie sentimentali e un funerale affrontano temi come il lutto, la malattia, il distacco. Marta Parodi, tormentata e poco incline ai sentimentalismi, lascia Milano, una mattina d'inverno, diretta a Torino. Giunta a casa di Vilma, sua compagna di gioventù, scopre che ella custodisce un grave segreto. La partenza, metafora dell'evoluzione interiore, la induce a intraprendere un percorso che la condurrà a una maggiore consapevolezza. I ricordi svelano le ombre del passato, che condizionano il presente, e sfociano in una rancorosa nostalgia per l'amore che le è stato negato. La pena intensa le impedisce di cogliere i sentimenti di Cristiano, un affermato e affascinante neurochirurgo, che la ama in segreto da anni. Marta interagisce coi componenti della sua famiglia disfunzionale e gli amici di sempre, dando vita a storie diverse, ognuna delle quali mostra una sfaccettatura del mistero chiamato amore. Nel libro si parla di malattia e morte, ma anche di rinascita, amore, guarigione, allegria, poesia e danza attraverso una scrittura scorrevole e ironica. Tra le righe vibra il messaggio positivo di speranza e rinascita che la scrittrice ha inteso mandare.
INCIPIT
Un silenzio immoto e sommesso avvolgeva la camera, quando Marta si svegliò. Aprì gli occhi e udì il suono ovattato della quiete. Alcun rumore giungeva da fuori. La meraviglia. Mise i piedi nelle pantofole e si drizzò. Attratta dal silenzio, andò alla finestra e la schiuse per far entrare la luce del giorno. Un chiarore puro l'accolse e vi si abbandonò. Vide le cose materiali sotto la coltre bianca, distesa sui campi al di là della siepe sulle case e le vie dirette verso il nulla. Si lasciò incantare da quella visione e dalla quiete tutt'intorno, ma non seppe dare nome alle emozioni, giacché un silenzio oscuro opprimeva il suo cuore. Osservò a lungo il manto luccicante con lo stupore di una bimba. Dalle viscere della memoria emerse una melodia legata al ricordo dei passi di una giovane madre su un sentiero innevato. Camminava, costeggiando le siepi spinose del biancospino e, avvolta nello scialle, portava una neonata. La neonata intonava una poesia e quel canto riempiva le nubi cobalto sopra la terra. Con quella nenia nella mente, Marta iniziò a preparare la colazione. Un'occhiata all'orologio: erano le tre pomeridiane. "Ho dormito troppo anche oggi", pensò. Prese la solita dose di farmaci. Ingoiò la capsula rossa. Mandò giù la compressa gialla, insieme a venti gocce e da ultima la pastiglia oro-solubile. Miracolosa. Mentre mangiava un biscotto, aprì il libro che aveva lasciato sul tavolo la sera precedente, e iniziò a leggere.
Morire questo a un gatto non si fa.
Perché cosa può fare il gatto in un appartamento vuoto?
Arrampicarsi sulle pareti.
Strofinarsi tra i mobili...
Qui c'era qualcuno, c'era,
e poi d'un tratto è scomparso,
e si ostina a non esserci.
In ogni armadio si è guardato.
Sui ripiani è corso...
Si predisponeva psicologicamente al crescendo emotivo dei versi in attesa di quel finale:
Che provi solo a tornare, che si faccia vedere.
Imparerà allora che con un gatto così non si fa.
Gli si andrà incontro come se proprio non se ne avesse voglia,
pian pianino, su zampe molto offese.
E all'inizio niente salti né squittii. (La poesia "Il gatto nell'appartamento vuoto" è della poetessa polacca Wislawa Szymborska.)
che la commuoveva sino alle lacrime, quando ricevette una chiamata.
Pronto.
Ciao, Marta, esordì una voce femminile.
Vilma, che piacere. Come stai? domandò, e il timbro vocale s'incrinò per l'emozione.
Così..., l'altra emise un lungo sospiro.
Mi fanno male le gambe, si lamentò.
E le cure? Stai prendendo le medicine?
I farmaci? Mah, per quel che servono, sospirò.
Sono inefficaci? domandò Marta incredula. Avrebbe voluto ben altre informazioni, ma la discrezione la trattenne, e tacque dubbiosa. Ah, vivo in attesa