Ricorrere ad una data, ad un anno, è un espediente usato in letteratura, per iniziare una narrazione. La cosa non fa meraviglia; che le date spesso segnano cambiamenti sia nella grande storia, che nella esistenza dei protagonisti, con fatti e decisioni, solo apparentemente poco rilevanti, ma destinati a rivelarsi decisivi. Con il tempo, quei numeri si caricano di un simbolismo, che va ben oltre la aridità delle cifre. Diventano pietre che segnano svolte fondamentali. Così è per l'anno della foto in copertina. Correva il 1963, un anno che alcuni protagonisti di queste storie, come si vedrà, ricorderanno come l'anno che impresse alle loro esistenze una svolta decisiva. Chi avrà la pazienza di seguire la narrazione, potrà giudicare se, e quanto, l'autore sia riuscito nella impresa di ricostruire un quadro convincente delle vita di paese, con l'ausilio di riferimenti temporali, da epoche remote all'inizio del secondo dopoguerra. Potrà farlo scorrendo una galleria di personaggi delineati sulla base dei ricordi. Una di queste figure copre gli anni della guerra, ed è assunta come esistenza esemplare degli anni del conflitto. Un mondo cambiato dalla guerra che iniziò con la tronfia dichiarazione del Duce, e disperse in Europa i giovani della Bectorrita, facendo loro conoscere gente nuova e paesi, ma anche miseria e sangue, e che produsse uno strascico di rancori. Al ritorno seguì un lento recupero della normalità, della vita tradizionale, e della appartenenza alla comunità millenaria.
Una figura chiave è quella di Rita; la bambina della quale si raccontano episodi della prima adolescenza, che aspirano al rango di una bildung; il racconto di formazione di un personaggio chiave per la conoscenza delle piccole cose della Bectorrita: la vita delle famiglie che vivevano nel nucleo antico del paese. Le botteghe, le sartine, i pettegolezzi, le storie di vino, i piccoli drammi sentimentali e di altro genere. Non mancano neanche richiami alle stagioni precedenti della Bectorrita, dalla antichità della unificazione nazionale..

L'anno in cui venne scattata la foto di copertina, il 1963, fu un anno che alcuni protagonisti di queste storie, come si vedrà, ricorderanno perché impresse alle loro esistenze una svolta decisiva. Dalla immagine si evince che fu caratterizzato da nevicate insolitamente abbondanti, e per Rita, una delle protagoniste della storia, quella terribile nevicata, divenne anche l'emblema della tragedia che colpì la sua famiglia. Il paesaggio oppresso dal freddo, è una immagine del gelo che cadde sulla sua famiglia. Un terribile lutto.

É questo il terzo titolo della trilogia che l'autore ha dedicato alla Bectorrita. Nome che intorno all'anno mille, a seguito delle invasioni, fu imposto dalla gente normanna al paese dell'autore. Un piccolo centro il cui nome attuale è Torre de Passeri; un nome che richiama echi leopardiani, con i passeri e la torre. Una rappresentazione corale della Bectorrita negli anni a cavallo della guerra, quando la vita non era competitiva o consumistica, come sarebbe diventata in seguito con la motorizzazione. Quando la natalità non era un problema, perché la vocazione delle giovani coppie, era ancora quella di mettere al mondo bambini, non di pensare alla creazione del patrimonio. Quando i vicoli erano popolati da sciami di ragazzini vocianti.
Gente della Pescara è il titolo d'esordio della serie, dedicato alla Casauria ed alla Pescara, il suo fiume; mentre il secondo titolato Bectorrita, indaga sulla travagliata storia della abbazia di San Clemente, delle reliquie del santo eponimo, e sul travagliato percorso del Chronicon, finito in Francia come bottino di guerra di Carlo VIII, dopo essere passato misteriosamente nelle mani dei protagonisti della congiura dei Baroni.