Il sogno di ogni appassionato di montagna è vedere almeno una volta le montagne più alte del mondo, poggiare il piede su quel suolo, goderne l'indescrivibile spettacolo e l'immensità della natura. Sogno ancor più grande è quello di salire un ottomila, una di quelle 14 cime della terra che si elevano "alle porte del cielo". Non c'è dubbio che, per chi ha la fortuna e la forza di realizzarlo, costituisce un insieme di sensazioni e di emozioni uniche; sensazioni ed emozioni talmente forti che non è sempre facile poterle esprimere e raccontare.

L'intento di questo volume di Italo Fasciani è appunto quello del racconto teso a far comprendere queste emozioni. Italo, infatti, è uno di quei "fortunati e forti" che hanno potuto realizzare pienamente e con caparbietà il sogno dell'ottomila himalayano. Lo ha fatto allenandosi duramente e con grande convinzione, cosa davvero encomiabile per chi, come lui, ha anche una professione extra-alpinismo da portare avanti. E' quindi comprensibile che il suo racconto sulla salita al Cho Oyu, la sesta montagna più alta del mondo, lasci trapelare il giusto entusiasmo per chi ha creduto nella possibilità di realizzare un'impresa tutt'altro che scontata.

Nelle pagine di questo libro c'è la possibilità di conoscere, passo dopo passo, cosa si prova in una esperienza così forte. Anche se sono tanti i libri che raccontano di imprese alpinistiche, quasi sempre realizzati da chi ha fatto della montagna un mestiere, questo ha qualcosa di speciale per la sua genuina spontaneità e per il fatto che è stato scritto da chi, dopo essere sceso da quegli ottomila metri, si è rimesso il camice ed è tornato al suo lavoro di medico veterinario.

L'avventura alpinistica di Italo prende avvio oltre 40 anni fa quando lui, ragazzino, cominciò a frequentare la montagna con noi "più grandi" del CAI. A presentamelo furono altri due ragazzi della sua stessa età, Mimmo e Stefano, appena entrati nel gruppo. Di lì a poco il terzetto di adolescenti, che già dimostrava notevole attitudine per l'alpinismo, sarebbe diventato un quartetto con l'aggiunta di Paola, la sola ragazzina del gruppo, loro compagna di scuola, anche lei molto forte e silenziosa, la cui aggregazione fu strenuamente sostenuta dai tre amici.

Negli anni ha avuto modo di affinare le tecniche, dopo un primo importante gradino offerto da un corso di alpinismo a numero chiuso organizzato dal CAI sul Gran Sasso e al quale riuscii a far ammettere quei ragazzi di cui ero orgoglioso sponsor. Da allora è stata una crescita continua, arricchita d'inverno dalle magnifiche e didattiche escursioni di sci-alpinismo effettuate sotto la guida esperta di Emilio.

La vetta himalayana, dunque, segna senz'altro un importante punto di arrivo. Un successo di Italo, ma fortemente sentito (e l'autore non ce ne voglia) anche da quanti lo hanno visto crescere alpinisticamente, anno dopo anno, da quando era un riccioluto e vivace ragazzetto sempre carico di entusiasmo.

Il ricordo della conquista della vetta del Cho Oyu da parte di Italo è ben vivo, anche perché ho avuto la fortuna e il piacere di essere stato il primo a ricevere la sua telefonata dal satellitare, mentre ero seduto alla mia scrivania in redazione. Dal campo base avanzato la voce emozionata e il fiatone: "Pierluì, ce l'ho fatta!!!". Una gioia condivisa. Poi la notizia battuta sul notiziario nazionale dell'ANSA: "Alpinismo: abruzzese Fasciani in vetta Cho Oyu (8.201 metri)" e subito il rimbalzo sugli altri media e sui siti. Per quanto da sempre forti alpinisti, soltanto due abruzzesi avevano fino ad allora raggiunto un ottomila; Italo è il terzo.