About the Book
Vi sono stati secoli di fede convinta e profonda e, ciò che è degno d'attenzione, fuori della dottrina cristiana tutte le religioni hanno lasciata aperta la medesima porta sull'ignoto, all'estremità della vita terrestre. È la porta della Divina Commedia di Dante Alighieri, benchè non tutti abbiano immaginato, al di là di questa porta simbolica, il paradiso, l'inferno e il purgatorio dei cristiani. Zoroastro e lo Zend-Avesta insegnavano che il mondo doveva morire a causa del fuoco. Si trova la stessa idea nell'epistola di S. Pietro. Poichè, secondo le tradizioni di Noè e di Deucalione, una prima distruzione dell'umanità era avvenuta a causa del diluvio, pareva che la seconda dovesse avvenire per una causa opposta. Tra i Romani, Lucrezio, Cicerone, Virgilio, Ovidio tengono lo stesso linguaggio e annunziano la futura distruzione della Terra, per opera del fuoco. Abbiamo visto nel capitolo precedente che, secondo il pensiero stesso di Gesù, la generazione alla quale egli parlava non sarebbe morta, prima che si compiesse la catastrofe annunziata. S. Paolo, il vero fondatore del cristianesimo, pone questa credenza nella resurrezione e nella prossima fine del mondo, come un dogma fondamentale della nuova Chiesa. Vi torna sopra otto e nove volte, nella sua prima epistola ai Corinti. Disgraziatamente per la profezia, i discepoli di Gesù, ai quali egli aveva assicurato che non sarebbero morti prima del suo avvento, soccombettero gli uni dopo gli altri alla legge comune. S. Paolo, che non aveva conosciuto personalmente Gesù, ma che era stato il più militante tra gli apostoli della Chiesa nascente, credeva di dover vivere egli stesso, fino alla grande apparizione. Ma, naturalmente, tutti morirono e l'annunziata fine del mondo, e la venuta del Messia non ebbero luogo. La credenza non venne meno per questo. Bisognò dunque smettere di prendere alla lettera la predizione del Maestro e si dovette cercare d'interpretarne lo spirito. Si seppellivano devotamente i morti, si mettevano con venerazione a giacere nella bara, invece di farli consumare dal fuoco, e si scriveva sulle loro tombe che essi dormivano, aspettando la resurrezione. Gesù doveva ben presto tornare a giudicare i vivi e i morti. La parola di riconoscimento dei Cristiani era Maran Atha il Signore sta per venire. Gli apostoli Pietro e Paolo morirono, secondo ogni probabilità, nell'anno 64, nell'orribile carneficina ordinata da Nerone dopo l'incendio di Roma, appiccato per ordine suo, e del quale egli accusò i cristiani, per assaporare il piacere di nuovi supplizi. S. Giovanni scrisse l'Apocalisse nell'anno 69. Una nebbia sanguigna offusca il regno di Nerone; il martirio sembrava la sorte naturale della virtù. L'Apocalisse pare scritta sotto l'incubo dell'allucinazione generale e rappresenta l'anticristo Nerone, che precede la venuta finale del Cristo. Prodigi si manifestano in ogni parte: comete, stelle filanti, eclissi, piogge di sangue, mostri, terremoti, carestie, pestilenze e, per di più, la guerra dei Giudei, la fine di Gerusalemme; mai forse tanti orrori, tante crudeltà, tante follie, tante catastrofi, avvennero in un così breve giro di anni (dal 64 al 69). La piccola chiesa di Gesù pareva addirittura dispersa. Non era più possibile restare a Gerusalemme. Il Terrore del 1793 e la Comune del 1871 non sono state nulla, in confronto agli orrori della guerra civile dei Giudei. La famiglia di Gesù dovette abbandonare la città Santa e fuggire, Giacomo, il discepolo di Gesù, era stato ucciso, falsi profeti venivano fuori, com'era stato predetto. Il Vesuvio preparava la spaventosa eruzione del 79 e già nel 63 Pompei era stata distrutta da un terremoto. Tutti gl'indizi della fine del mondo c'erano, nulla vi mancava.